5. Letture d'altrove

Un tocco di maestria tutto curdo

scena del film ''Terra di Eroi''

scena del film ”Terra di Eroi”

Per la rubrica “Letture d’altrove” la nostra collega Shelly Kittleson ci propone un viaggio nell’universo del cinema curdo. Una realtà artistica degna di incoraggiamento e di sostegno, non solo perché racconta il calvario del popolo curdo, ma anche e soprattutto per la carica creativa e il linguaggio sperimentale in essa contenuti.

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“Il cinema curdo evoca principalmente la povertà e le sofferenze del popolo curdo’’ ci racconta Wikipedia in inglese (http://en.wikipedia.org/wiki/Kurdish_cinema), regalando solo un paio di righe ad uno mondo di film ricchissimo. Nella versione francese invece c’è solo una riga. Nessun’informazione in italiano.

Un film che potrebbe sgombrare la mente da quell’idea così triste è ‘’Terra di Eroi’’ (di Sahim Omar Khalifa, sarà al Chicago Film Festival in ottobre) è un cortometraggio ambientato nell’ Iraq del 1988, negli anni della guerra Iran-Iraq.

E’ un film che non si presta a facile categorizzazione. Apre con ciò che sembra un combattente che respira forte, che sta cercando di avvicinarsi a piedi ad un avamposto crivellato di proiettili e una foto scolorita di Saddam posta sotto una bandiera irachena. Un paio di soldati sparano al combattente armato, che viene sempre più vicino, cercando di evitare i proiettili. Poi scopriamo che il combattente è un bambino – con un po’ di ciccia e in costume da uomo ragno – e che questo ‘’gioco’’ ha luogo ogni giorno. Riceve il suo ‘’premio’’ e cammina via felice, orgoglioso e con la sua arma (reale) a tracolla sulla schiena, accompagnato dalla sua sorellina che lo segue, salterellando.

Cartoni animati aspettati dai bambini con ansia, ma che vengono interrotti costantemente da parate militari, discorsi di Saddam, annunci dell’ultima ‘’vittoria’’.

E quindi i bambini si divertono, a modo loro.

“Come possiamo lasciarlo andare adesso? E’ diventato un mostro,’’ detto dopo aver chiuso un altro bambino in uno scatolone di legno e urinato sopra la sua faccia. E l’altro che fa lo stesso a lui, non appena gli viene data la possibilità. “E quella pazza di tua madre non ti sentirà’’. E già, la madre che con una rabbia appena sotto la superficie sta per commettere qualche pazzia, su quella rocciosa terra bellissima. Quella che sta “collaudando il RPG’’.

Qualche cenno a Abu Ghraib, a quello che sarebbe successo qualche decennio più tardi nel paese? Forse. Ma non c’è alcuna ‘’denuncia’’ apparente nella scena, né nel film, nella maniera dei film ‘’di denuncia’’ visti troppo spesso, con tanto di falsa drammaticità irritante.

C’è una vena di umorismo intelligente che attraversa il corto. I personaggi sono creati con poche pennellate, ed è un film che si può rivedere diverse volte e scoprire elementi nuovi ogni volta, con temi serissimi toccati con leggerezza ammirevole.

Anche l’altro film programmato la stessa serata al Festival del Film Kurdo recentemente a Roma, “Il Triangolo della Morte” è ambientato nella parte curda dell’ Iraq durante la guerra ai tempi di Saddam. Solo che in questo caso i personaggi sono più ‘’di cartone’’, creati per servire la storia. C’è un ‘’mostro’’ (?) in un tunnel che si deve attraversare per andare verso l’Europa, e una specie di hippy iracheno che congegna modi per cercare di salvare gli sedicenti migranti clandestini dal mostro (senza tanto successo, se il numero visto il numero di tombe che scava in una caverna vicino). A volte quasi ridicolo (ma mai del tutto), a momenti toccante, in qualche modo il regista riesce a tenere l’attenzione molto alta fino alla fine, e a parlare della guerra in Iraq da un punto di visto inedito.

In ogni caso non c’è traccia della “povertà e delle sofferenze del popolo curdo’’ in questi film. La sofferenza più in generale, quello sì – ma più come una sfida, una parte della vita, un problema da risolvere. Niente di stucchevole, nessun risentimento, nessuna vittimizzazione.

Un altro film da segnalare che, è vero, in gran parte racconta proprio di queste sofferenze, e lo fa in modo magistrale: ‘’Min Dit’’ (vincitore del premio Amore e Psiche al Medfilm Festival 2010, col titolo tradotto a volte come “I Bambini di Diyarbakir.”) Sono i bambini i protagonisti assoluti di questo film che tratta degli uccisioni ‘’extra-giudiziali’’ nella parte curda della Turchia. E’ una pellicola che senz’altro fa venir voglia di piangere, a volte. E’ un film di dolore forte, ma anche di gioia altrettanto forte. I colori, la musica e la bellissima faccia di una ragazzina quando mette la testa fuori dal finestrino della macchina, godendosi la brezza, rimangono impressi nella memoria a lungo.

Ci sono altri film e cortometraggi curdi che consiglierei a chiunque sia interessata non solo alla storia del popolo in questione ma al cinema e al documentario in generale. Per esempio “Il Silenzio’’, di Rezan Yesilbas, che parla di una moglie curda che fa visita a suo marito in prigione e con il quale non può parlare, visto che né l’uno né l’altro parla turco, e parlare curdo è vietato. E’ un’opera molto interessante per quanto si riesce ad esprimere in pochi minuti (14 minuti) e solo con le immagini, senza poter ricorrere ai dialoghi.

E’ emblematico che “Terra di Eroi’’ Abbia vinto almeno 13 premi finora, come il Jury Award for Best International Short Film al Film Leben Festival in Ilmenau, Germany, l’anno scorso. E l’ha fatto senza dover far presa né sulla ‘’povertà dei curdi’’, né sulle loro sofferenze.

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