2. Memorando

Dedicato alla divina

Sono passati trentacinque anni dalla morte di uno dei miti del 20° secolo, Maria Callas. Lontano dalle celebrazioni commemorative vorrei offrire in omaggio questi ricordi, senza pretese agiografiche.

Ho iniziato a conoscere Maria Callas dalle figurine VIP che da ragazzina delle elementari raccoglievo nei primi anni ’60. Maria Callas era all’apice della sua carriera, ammirata da tutti per la voce unica, la grinta, l’interpretazione drammatica e la presenza scenica dalle suggestioni magiche.

Il suo nome, da Maria Caloieropoulos era già modificato in Maria Callas e, dopo il matrimonio con il cavaliere Meneghini, era diventato Maria Meneghini Callas. Con questo nome cosmopolita era nota nei momenti trionfali alla Scala di Milano, al Metropolitan Opera di New York e negli altri teatri lirici del mondo. Tutto intorno a lei diventava leggendario, tra mito e realtà, come quella sua straordinaria metamorfosi, un dimagrimento causato, secondo indiscrezioni mai confermate, dalla bevuta di una coppa di champagne alla tenia.

Il periodo burrascoso della relazione con Onassis negli ultimi anni ’60, lei lo visse fra lo yacht “Christina”, l’isola di Skorpio e il jet set internazionale. La stampa greca dell’epoca riportava su di lei pettegolezzi e morbosità, strumentalizzazioni di ogni genere pur di distrarre il popolo ellenico da pensieri tristi durante la dittatura dei Colonnelli (1967-74).

Molti anni dopo la morte di Maria, ho avuto l’occasione di visitare una mostra permanente allestita con cimeli e fotografie di quegli anni sull’isola di Lefkada, l’isola del Mar Ionio più vicina a Skorpio. Ogni volta che Callas e Onassis vi approdavano, la loro presenza si avvertiva nell’aria come l’arrivo dei Titani sulla terra.

Le foto di quella mostra immortalavano Maria mentre cantava all’aperto arie del suo repertorio in una festa che celebrava la riconciliazione di Onassis con la popolazione locale dopo una lunga disputa sull’approvvigionamento idrico dell’isolotto. Quella performance della Divina veniva offerta dall’armatore come un dono agli abitanti dell’isola, che si erano dimostrati poco cedevoli al suo potere.

La notizia inaspettata del matrimonio di Onassis con Jackie Bouvier Kennedy (1968) esplose come una bomba nel mondo di Maria e dopo quella umiliazione, la Divina iniziò a ritirarsi dalla vita mondana trovando rifugio nel suo appartamento parigino.

Inaccessibile ai più e grandiosa anche nel dolore, la Divina si comportò da eroina tragica, come quelle che interpretava sulla scena. Tradita dall’amore e dal destino non è mai scesa dall’altare. Il suo non è stato solo un allontanamento dalle scene ma anche dal mondo.

La mia conoscenza di lei artista è partita dal cinema. Ho un intenso ricordo cinematografico della sua interpretazione del film Medea (1970) di Pier Paolo Pasolini, film in cui Maria interpreta la maga Medea, il terribile personaggio mitico che trascende il bene e il male.

Come è noto, Maria non canta nel film. Con una operazione ingegnosa, il regista “spogliava” la Divina dalla sua voce lasciando nuda la sua presenza scenica, così imponente da sfidare i monumenti come la Piazza dei Miracoli di Pisa e le rocce scolpite della Cappadocia.

Il secondo ricordo è stato l’intrigante film di Zeffirelli, Carmen Forever (2001) che mi ha spinto a cercare e trovare la masterizzazione digitale della Carmen (leggasi CD, EMI 1997) in una registrazione del 1964 diretta da Georges Prêtre. Anche in questo caso, la Callas riusciva a trascendere i limiti della realtà.

La protagonista dell’opera di Bizet è una donna capace di amare e smettere di amare con la stessa naturale intensità, senza esitazioni o sfumature eleganti, eppure, grazie all’interpretazione di Maria Callas, questo personaggio infedele e istintivo acquistava un altro spessore, diventava una donna tragicamente consapevole del suo destino. Il libretto era lo stesso, la musica era la stessa ma la Divina, senza sottrarre nulla dal personaggio, riusciva a rendere Carmen tragica oltre che orgogliosa e passionale.

Sin dall’età di dieci anni, Maria Kaloieropoulos aveva imparato a superare i suoi limiti fisici pagando sempre con la stessa moneta, l’impegno, il lavoro e lo studio. Lavoratrice instancabile ha imparato a crearsi una voce cui non era destinata, acquisire un fisico molto lontano dal suo, vedere laddove la sua miopia le impediva di vedere e raggiungere mette che le erano precluse. Con ostinazione.

Maria Callas era capace di trasformazioni radicali che sorprendevano il suo pubblico e aumentavano quell’aureola di mistero e fascino intorno a lei.

Ma da quella adorazione del pubblico mondiale guadagnata con sforzi e impegno sistematico Maria faceva molta fatica a separarsi. Quel culto era anche un muro intorno a lei. La gloria e la celebrità alimentavano la sua “prigionia”. La Divina era circondata dal proprio mito. “Circondata” in molte accezioni, perché l’“impossibilità del mito” era diventata la sua stessa gabbia.

In una sua intervista televisiva poco prima di morire, la Divina esprimeva rammarico per il mancato entusiasmo delle nuove generazioni per il bel canto. Lei si sarebbe aspettata che i giovani aspiranti cantanti l’attendessero giorno e notte sul pianerottolo del suo appartamento parigino pregandola di insegnare loro l’Arte che l’aveva resa grande. Ma il suo tentativo di insegnare ai giovani e aprire un varco nel mito incontrando persone reali non durò molto.

Nella Mostra allestita l’estate del 2007 presso una Sala dell’Auditorium, a Roma, oltre alle foto, i video, i ritratti e le sue arie c’erano anche i vestiti e i costumi di scena, i gioielli, le toilettes firmate Dior e Biki e molti cimeli che portavano le tracce dell’incendio della Fenice di Venezia. C’erano anche i sandali dorati, rubati e ricreati, c’era persino un vestito lungo tessuto con sottilissimi fili d’argento, regalo di Onassis prezioso ma anche pesantissimo, che Callas doveva indossare per la “festa delle Sirene” sullo yacht “Christina”, tanto per confermare che Maria viveva in una gabbia mitica.

Le lettere esposte nella stessa mostra, invece, raccontavano un’altra storia, rivelavano la sua sensibilità infantile, un candore adolescenziale che non si consigliava affatto con la reputazione del personaggio capriccioso e imprevedibile.

Fra tante reliquie, mi vorrei soffermare su una delle lettere autografe destinate a Onassis: “Sei passato anche tu dall’inferno e hai raggiunto l’apice.” Scriveva Maria a Onassis in una lettera datata 30.01.1968. Ma quale inferno? Quello della povertà e migrazione o c’è anche di più?

Povertà e migrazione Maria li aveva sicuramente provati ma c’era anche la maledizione di un rapporto conflittuale con la madre che risaliva ai tempi del ritorno ad Atene negli anni ’40, dove imperversava l’Occupazione nazista. Secondo alcuni biografi, la madre avrebbe costretto Maria a cantare per le truppe di occupazione per sbarcare il lunario. Questo avrebbe causato l’emarginazione di Maria per molti anni dopo la guerra.

Un altro ritratto di Maria, tracciato da Nadia Stancioff, sua segretaria per un periodo, svela la dimensione più inafferrabile e contraddittoria della diva, la sua avidità e vulnerabilità nei confronti di emozioni autentiche.

E’ questa contraddizione che rendeva il mondo di Maria Callas profondo e puro contemporaneamente, un impasto unico di forza e debolezza che nutriva il suo talento, arricchiva la sua arte e la rendeva artista impareggiabile.

Helene Paraskeva

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