1. Le parole sono importanti!

Alma donna: Ridere e amare

Un contributo per La settimana al femminile dall’8 al 14 marzo 2013

E’ stato un anno duro per il sesso femminile a livello mondiale: ragazze violentate con genitali tagliati in quella che era una piazza simbolo della ‘rivoluzione’ egiziana e uccise da gruppi di giovani maschi in India con una brutalità angosciante, una ragazza sparata in testa in Pakistan per essersi ostinata ad andare a scuola. Violenza carnale, violenza sul corpo delle donne e violenza sull’idea stessa di ciò che significa essere una donna non mancano in alcuna parte del mondo.

Pochi sembrano aver fatto molto attenzione agli studi che dicono chiaramente che un miglioramento dei diritti e dell’istruzione delle donne porta benefici economici, sanitari e altro alla società nel suo complesso. O anche quelli che dicono che se una porzione minuscola delle somme spese in armamenti fossero andati all’istruzione e al miglioramento dei diritti delle donne probabilmente non ci troveremo a combattere gli integralismi che spuntano adesso qui, adesso là.

Si può visitare un sito italiano, frutto di un lavoro meticoloso, che ci ricorda quanto poco in considerazione anche l’Italia prenda le uccisioni delle donne, per esempio, un problema radicato e che continua ad essere presente in tutte i livelli della società. Consiglierei questo sito a chiunque volesse farsi un’idea di che tipo di pena scontano anche quelli che vengono denunciati e trovati colpevoli di omicidi: http://www.inquantodonna.it/argomenti/uomini/

Per citarne solo un paio, ‘Massimo Gilardoni, 32 anni, imprenditore edile, sposato e in attesa di una figlia. Sgozza la vicina di casa che lo respinge. Condannato in primo grado a 16 anni, ridotti in appello a 14 e 6 mesi. Dopo 2 mesi di detenzione esce dal carcere ottenendo i domiciliari in una casa di cura. Tra indulto e altri sconti di pena è tornato completamente libero dopo neppure 10 anni dal delitto’, e ‘Luigi Campise, 24 anni, barista nel chiosco dei genitori. Uccide la fidanzata con una raffica di proiettili. Condannato a 30 anni, ridotti a 16 in appello, è libero dopo 2.’

Qualche pubblicità contro la ‘’violenza di genere’’ si è vista, è vero. Pubblicità che cercano di ricordarci che dovremo avere paura, che siamo vittime per eccellenza. Donne giovani, attraenti con lividi e paura nella faccia, implorando qualche ‘eroe’ che le protegga.

E’ invece un problema serio, che merita di essere trattato come tale. Come le donne meritano di essere trattate, non come bimbe o madri o sorelle o ‘puttane’ o bambole gonfiabili. Ma essere umani.

Quando le donne muoiono per mano di qualche uomo – ex-marito, marito, ragazzo, conoscente che si era offeso per essere stato rifiutato – la reazione scontata è: era geloso. ‘’Era follemente innamorato’’. ”L’amava tanto’’. Come se volessero insegnarci che amare per un uomo significa essere brutale verso i membri del sesso opposto. Quasi a voler convincerci a cercare qualcuno che ci ‘’ama così tanto’’ da degnare di possederci al punto di essere in grado di poter ucciderci. Con impunità pressoché totale negli occhi della società, che vorrà ‘’curare il poveretto’’ dopo che siamo seppellite o malmenate o scappate per nasconderci da qualche parte con incubi ricorrenti e un senso di vergogna inflittaci.

L’idea di introdurre il reato ”d’incitamento all’omicidio’’ o almeno d’incitamento ”all’odio delle donne’’ da proporre in questi casi – quando la stampa, i media ci bombardano con frasi di questo genere, eclatante nella loro falsità – non è mai entrato nella mente di qualcuno?

Poi ci sono i fondi per le donne vittime di violenza tagliati negli Stati Uniti (dove una minuscola percentuale delle donne denunciano, sapendo bene il secondo inferno che dovrebbero trascorrere per farlo, con effetti negativi più che altro su se stesse e poca probabilità di una condanna del perpetratore), repubblicani americani che fanno discorsi su quello che può e non può essere considerato una violenza carnale ‘legittima’, discussioni sul se il corpo della donna ‘’può fermare una gravidanza se è violenza legittima’’, il non voler riapprovare la legge del 1994 sulla violenza domestica e sessuale contro le donne perché estenderebbe le protezioni alle donne native americane, le quali non possono fare una denuncia di violenza domestica se i loro mariti non sono anche loro nativi americani e non possono denunciare un violentatore se non era appartengono alla comunità della riserva. Occorre ricordare che si stima che 80% dei crimini di natura sessuale in queste riserve sono commesse da uomini non nativi americani, che in questo modo godono di un’impunità di fatto totale .

E in Italia due uomini (chiamiamoli ‘’culone inchiavabile’’ e ‘’vecchio puttano’’, come loro hanno apostrofato donne che hanno fatto molto di più per il mondo di loro) a capo di partiti/movimenti/chiamala-come-vuoi hanno preso fin troppi voti nelle elezioni recenti, nauseando profondamente certi di noi.

Solo certe conoscenze a livello personale mi hanno potuto alleviare un po’ il senso opprimente di un mondo che si sta facendo sempre più brutto per le donne, e dal quale ci sia da aspettarsi un peggioramento nei prossimi anni. Come l’avvocatessa Kimberley Motley a Kabul, che è stata la prima straniera in assoluto a difendere un cliente afgano davanti ai tribunali afgani. Che durante una mia intervista con lei ha risposto ad una telefonata di una donna vittima di violenza domestica, e si è messa a cercare un posto dove farla dormire quella sera. Che ha lavorato duro per far liberare dal carcere una ragazza che viene conosciuta internazionalmente come Gulnaz dopo una petizione lanciata sul web da Motley per ottenere il suo rilascio, solo una di tante donne e ragazze e bambine incarcerate per essere stata violentata o aver rifiutato un uomo in quel paese.

Un’avvocatessa che non ha paura di andare per le strade di Kabul senza velo, che entra nei tribunali ugualmente senza, e che paradossalmente – almeno negli occhi di quelli che vanno in quel paese con l’idea che la donna coperta e serva fa parte ‘’della cultura’’ degli afgani, ed è un aspetto che ‘’gli occidentali’’ non devono toccare – viene rispettata di più dagli afgani proprio per questo. Che viene da una zona violenta di Milwaukee, e che sa che vuol dire crescere in un posto pericoloso.

E che l’ambasciata italiana a Kabul ha avuto il buon senso di chiedere i suoi servizi , sapendo che non ce ne stanno altri con le sue capacità.

E poi c’era la reazione di un amico giornalista egiziano, quando ad una donna che si avvicinò in strada al Cairo e gli chiese ‘’ma da dove hai portato questa bella fanciulla? Svizzera? La Francia?’’ A malapena contenendo l’indignazione, si è messo a spiegarle che sono una sua collega, brava, che io sono andata in paesi dove lui potrebbe aver paura di andare e che non avrei bisogno mai che qualcuno mi ‘portasse’ da qualche parte. Mi ha fatto ridere, in parte per la reazione sbalordita della donna, e in parte per la sua indignazione – che, ammetto, sembrava spropositata anche a me.

E ci sono anche i Femen, che inizialmente mi lasciarono un po’ perplessa per i fini e i mezzi usati, ma che trovo utile.

L’idea romantica di una brava donna povera che si prostituisce per dare da mangiare ai figli perché non gli è rimasta niente tranne il corpo si è visto in tanti film, tanti racconti, tante idee strane con cui le persone crescono. Va bene se vendiamo il corpo per usi altrui, l’uomo e i suoi progenie. Ma invece una donna che non abbia altro modo utile di protestare contro lo sfruttamento delle donne che non sia col corpo stesso, questo no. Non le è permesso, sembra.

Un tentativo di attrarre attenzione per cause giuste, cercando di restituire al mondo un’idea del corpo femminile come qualcosa che non sia semplicemente per attrarre gli uomini ed essere sfruttate da questi. Corpi posseduti pienamente dalle donne stesse, che si usano in una battaglia non meno aggressiva per essere di stampo ‘non-violento’.

Onestamente trovo questo tipo di protesta creativa, se non altro. E mi fa sorridere, non nel modo derogatorio e vomitevole dei ‘’due comici’’ italiani, capi di gregge e propulsori di volgarità, ma perché è geniale, attiva, fiera. Sebbene direi che il vero lavoro viene fatto altrove.

E poi – che la storia la benedica – ho rincontrato l’inimitabile Martha Gellhorn, nei suoi scritti. Una donna che si autodefiniva ‘’la peggiore compagna di letto in cinque continenti’’. Che indagò le ripercussioni della Grande Depressione, che ha fatto reportage dalla Guerra Civile Spagnola, dal Vietnam, dalla ‘’guerra ovunque riuscissi a raggiungerla’’, ed è stata la prima giornalista a scrivere sul campo di concentramento di Dachau dopo la sua liberazione.

Una donna giornalista in onore della quale un premio viene dato ogni anno. Purtroppo da quando è stato istituito nel 1999 nemmeno una donna l’ha vinto, e una delle poche ed essersi vista riconosciuta ‘’un premio speciale per il suo lavoro nel corso degli anni’’, è stata Marie Colvin – che non lasciò la carriera nemmeno dopo aver perso un occhio in Sri Lanka. Colvin è stata uccisa quest’anno, sotto le bombe a Homs, facendo il suo mestiere – e facendolo bene.

copyright: Shelly Kittleson

copyright: Shelly Kittleson

Che è più di quello che si possa dire di ‘’comici’’ che si spacciano per politici e vice versa, giudici che passano sopra i crimini contro le donne e giornalisti che discolpano gli omicidi e le aggressioni, se fatti da uomini verso ‘’le loro donne’’ per motivi di ‘’amore’’.

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