5. Letture d'altrove

“Il cacciatore di larve” fra umorismo e denuncia, una lezione sulla scrittura.

Amir Tag Elsir

Dal paese che una volta era soprannominato “Il granaio del mondo arabo” giungono ora solo notizie di guerre e abusi, di conflitti e carestie. In questo paese che di recente è stato diviso in due, e di cui il presidente è accusato dal Tribunale penale internazionale di crimine contro l’umanità, non c’è solo miseria e disperazione. Ci sono anche scrittori, poeti ed intellettuali che continuano a creare e ad eccellere.

Dopo più di 20 anni dalla traduzione de “La stagione della migrazione a nord*” di Tayeb Saleh, l’editoria italiana ritorna ad interessarsi alla produzione letteraria del Sudan. Questa volta è la casa editrice Nottetempo a dare spazio al romanziere e poeta Amir Tag Elsir.

Fra Tayeb Saleh e Amir Tag Elsir c’è d’altronde più di un legame, non solo entrambi sono degli scrittori sudanesi, ma il primo è lo zio del secondo. Con ciò non bisogna pensare che la strada verso l’affermazione di questo ginecologo nato nel 1960 sia stata lastricata di rose. Tag Elsir infatti, in un’intervista al quotidiano egiziano Al Ahram dichiarò che dovette dare in pegno il suo orologio per poter finanziare il suo primo libro.

Ma questa è storia vecchia. Tag Elsir è considerato oramai una delle voci più promettenti ed innovatrici della letteratura araba, i suoi romanzi sono tradotti in molte lingue e “Il cacciatore di larve” è stato finalista all’Arabic Booker Prize 2011.

Mentre leggevo questo romanzo mi ritornavano spesso in mente due guru della letteratura italiana: Luigi Pirandello e Italo Calvino. Non sono per i paragoni facili, anzi non sono per nessun tipo di paragone, ogni autore ha una sua lena e linea, ma “Il cacciatore di larve” ricorda per molti aspetti “Sei personaggi in cerca d’autori”, solo che in questo caso è  l’autore ad andare a caccia dei personaggi. L’allusione a Calvino invece trova la sua ragione nel tema e nella struttura del romanzo.

Il metatesto applicato da Calvino in romanzi come “Città invisibili” e “Se una notte d’inverno un viaggiatore” lo troviamo anche ne “Il cacciatore di larve”.

Il protagonista ‘Abdellah Harfash, alias Farfàr, inizia la sua vita da narrato e narratore con una decisione importante: “Scriverò un romanzo. Sì, scriverò”. Ecco dunque che si annuncia una delle tematiche fondamentali: la scrittura e i suoi tarli.

Harfash è un ex agente dei servizi segreti sudanesi caduto in disgrazia dopo aver perso la gamba in un’incidente stradale durante una missione di intelligence. Costretto alla pensione anticipata e ricompensato con una gamba di legno, decide, inspiegabilmente perfino a se stesso, di scrivere non più i rapporti sui sospettati che era solito redigere, bensì un romanzo.

Nel tentativo di imparare i trucchi del mestiere inizia a frequentare il caffè Kasr Al Giamiz (Palazzo del Sicomoro), luogo di ritrovo di scrittori affermati ed esordienti, intellettuali e pseudo tali, si lega in amicizia con l’autore A.T. e comincia un’attività fino ad allora sconosciuta per lui: la lettura. Ed ecco che Tag Elsir in una mossa che non spezza in nessun modo la struttura narrativa, introduce un romanzo nel romanzo e fa scindere da se stesso altri narratori. Attraverso gli occhi di Harfash leggeremo parte del romanzo di A.T. “Eva è morta sul mio letto”, è il metatesto di cui parlavamo prima.

Fra  letture ed incontri con A.T., sfilano diversi personaggi che costellano l’universo di Harfash assumendo una veste nuova, non più quella di semplici parenti o conoscenti, sospettati e controllati, ma quella di eventuali personaggi da inserire nel suo futuro romanzo. Dalla zia Th. e il suo marito massaggiatore/attore, al libraio cristiano R.M., dalla scrittrice esordiente S. al folle A.D., dagli avventori dei caffè ad ex dissidenti politici, Harfash scandaglia la vita degli altri** cercando attraverso loro quella rivalsa che gli è stata negata dagli apparati di sicurezza.

Nel suo travagliato percorso di conversione da agente dei servizi segreti a scrittore vale per lui la stessa descrizione che A.T. fa delle fasi della scrittura:

[“Conosci le fasi di sviluppo degli insetti Farfàr?”

“Me ne sono dimenticato. Stava nel programma di scienze delle elementari.”

“Te le ricorderò io…L’uovo si trasforma in larva, che è una creatura piccola e fragile, poi diventa una pupa, dentro a un bozzolo, e alla fine esce dal bozzolo per diventare un insetto adulto (…) La larva può crescere o morire senza svilupparsi. L’insetto non può impedire che le sue larve muoiano precocemente, se ciò deve accadere. Ma tu puoi.”

“Non capisco Maestro.”

“La scrittura somiglia alle fasi di sviluppo degli insetti. Quello che hai scritto adesso è una larva che non diventerà mai una pupa e non completerà mai la sua metamorfosi.” ]

Harfash stesso non completerà la sua metamorfosi, e a metà strada, quando appena inizia ad appropriarsi di quei sentimenti e di quella fantasia indispensabili per la scrittura, lo stato lo richiamerà.

Il suo dunque è un tentativo fallito di redenzione, di uscire, attraverso la creatività, da quella visione manicheista che mette i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, e gli apparati di sicurezza appaiono in questa dialettica come dei prestigiatori che manovrano delle marionette decidendo per loro di volta in volta quando e come entrare o uscire di scena.

Amir Tag Elsir in un libro di piccola dimensione (148 pagine nell’originale arabo, 191 nella traduzione italiana) condensa tante tematiche che fanno de “Il cacciatore di larve” un grande romanzo.

Oltre alle problematiche della scrittura che fanno da collante alla narrazione, Tag Elsir fa un eccellente ed ironico ritratto della paranoia securitaria dello Stato che vede il pericolo ovunque e cerca di soffocare ogni spazio di libertà e di creatività, spiando l’intimità dei cittadini e sbattendoli in carcere senza imputazioni né processi. Ma nella denuncia di Tag Elsir non c’è nessun patetismo e nessuna pesantezza, il sarcasmo e l’ironia smascherano la stupidità di un regime che teme perfino la sua ombra e pensa di riassumere la vita degli altri in fascicoli e sigle (S., A.H., A.F., A.T.).

Le stesse sigle che Amir Tag Elsir e ‘Abdellah Harfash utilizzeranno nelle loro narrazioni. Infondo, non è forse vero che Amir Tag Elsir è lo stesso A.T. in un doppio gioco di alternanza di narratori e narrati, di prede e cacciatori?

In definitiva la scrittura stessa è indagine della vita degli altri, così il cacciatore di larve Harfash diventerà la preda dello scrittore A.T.,  e da aspirante romanziere si trasformerà nel soggetto di narrazione di A.T., Harfash infondo non è che l’allegoria di uno Stato mutilato nella fantasia che cerca per invidia e paura di mutilare la fantasia altrui.

Infine, avendo avuto la possibilità di leggere il romanzo sia in arabo che in italiano, occorre fare i complimenti alla traduttrice Samuela Pagani che ha tradotto brillantemente un romanzo che solo in apparenza sembra forgiato con una lingua e un linguaggio facili, corredando la sua traduzione con delle note al testo che favoriscono una fruibilità più immediata.

Tuttavia due note stonano nella traduzione italiana, la copertina (scatto del fotoreporter Patrick Robert) ha poco di sudanese, nonostante l’azione si svolga dichiaratamente nella capitale Al Khartum, e in secondo luogo la dedica che giustamente Pagani ha riportato dalla versione araba è riservata (trascrivo fedelmente) a Faysal Tàj al-Sirr, dunque è lecito chiedersi e chiedere a Samuela Pagani quale sia la trascrizione giusta del cognome dell’autore: Tag Elsir o Tàj al-Sirr?

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* Tayeb Saleh: La stagione della migrazione a Nord, traduzione di F. Leggio, Sellerio, prima edizione 1992.

** Il refirimento è anche al film “La vita degli altri” di Florian Henckel von Donnersmarck, 2006.

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Amir Tag Elsir, Il cacciatore di larve (صائد اليرقات )                                                             

Il cacciatore di larve                                                                     

Traduzione di Samuela Pagani

Nottetempo 2013 (14,50 euro)

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